Di norma, per far sì che un lavoro di pulizia venga svolto nel migliore dei modi, si procede all’utilizzo dei migliori sanitizzanti e disinfettanti, in base anche alle superfici da trattare. Tuttavia, in alcuni casi, può accadere che un microrganismo presenti una resistenza maggiore ad un trattamento antimicrobico che di solito risulta efficace contro altri organismi. Si tratta di una situazione piuttosto complessa, che va affrontata adeguatamente per non incappare in rischi concreti per la salute di chi vive o lavora in determinati ambienti.
In primis, è bene conoscere questa sensibilità ridotta, che può essere individuata in tre tipi di resistenza: quella intrinseca, quella acquisita fenotipicamente e infine quella acquisita geneticamente. La prima, la resistenza intrinseca, è probabilmente quella più conosciuta e diffusa: si tratta in sostanza della capacità del microrganismo di risultare insensibile ad un trattamento antimicrobico a causa della sua stessa natura. In alcuni casi, per fare un esempio, i microrganismi riescono a formare delle spore batteriche che li rendono praticamente immuni a condizioni piuttosto estreme, come ad esempio temperature elevatissime o bassissime e secchezza, e ad alcuni disinfettanti, che non riescono quindi ad agire con efficacia.
Questa capacità di fatto “neutralizza” componenti come i fenolici, ma anche l’alcool e il cloruro di ammonio quaternario. Non solo: in presenza di determinate spore batteriche può essere necessario impiegare non solo disinfettanti adeguati, con livelli molto più alti, ma anche operare con dei tempi di esposizione più lunghi. Insomma, per farla breve, serve un lavoro più dettagliato e completo per far sì che la resistenza intrinseca dei microrganismi venga di fatto “abbattuta”.
Un’altra tipologia caratterizzata da una forte resistenza intrinseca è quella dei micobatteri. Questi organismi sono dotati di una parete cellulare particolarmente idrofoba, che di fatto impedisce a molti biocidi ossidanti di penetrare a dovere nella parete. Come fare, quindi, per “vincere” la resistenza della parete dei micobatteri? Serve una soluzione di biocida che includa non sono un livello più alto, ma anche dei tempi di esposizione più lunghi e l’utilizzo di altri ingredienti che possano interagire a dovere. Sintetizzando, la resistenza intrinseca si fonda a seconda di come è strutturato un determinato microrganismo.
Quando invece la resistenza di un microrganismo ad un trattamento antimicrobico avviene in base al contesto e alle modalità in cui cresce l’organismo stesso, si parla di resistenza acquisita fenotipicamente. L’esempio classico che viene utilizzato per individuare questa particolare tipologia di resistenza è quello che fa riferimento ai biofilm, ovvero a quel “calderone” di microrganismi come lieviti, batteri, muffe e così via. Questi biofilm sono capaci di attaccarsi sulle varie superfici formando una sorta di materiale che va a rendere il rivestimento più “forte”, complicando non poco il compito ai vari disinfettanti e sanitizzanti. Il materiale secreto dai biofilm impedisce ai prodotti in questione di raggiungere fisicamente il microrganismo. Dato che però la resistenza fenotipicamente acquisita non è un tratto stabile dei microrganismi, la “mission” deve essere quella di sospendere in soluzione gli organismi in un biofilm, in modo tale da annullare la “protezione” e consentire al biocida di agire.
Quando invece un microrganismo riesce a rimanere immune all’azione di un biocida tramite una mutazione o semplicemente sfruttando il trasferimento dei geni di resistenza da un organismo all’altro, abbiamo a che fare con la cosiddetta resistenza acquisita genotipicamente. Quando il DNA di un organismo cambia, si parla di mutazione, che spesso può comportare una resistenza ai biocidi. Ecco perchè è necessario utilizzare disinfettanti e sanitizzanti alle concentrazioni giuste e nelle modalità consigliate per evitare che la resistenza acquisita genotipicamente proliferi.
Spesso e volentieri queste resistenze cedono anche dopo pochi tentativi, dato che una cellula batterica può avere diverse zone comunque vulnerabili al biocida che si sta utilizzando. E’ molto importante stare attenti ai livelli di utilizzo, che possono fare la differenza, e prendere sempre le dovute precauzioni quando si procede all’uso di sanitizzanti e disinfettanti. Per avere ragione di questi organismi la pratica migliore è sempre quella della buona pulizia, il più possibile accurata.